In un'intervista rilasciata al "Giornale
della Musica" nel numero di gennaio 89 il Maestro Vieri Tosatti
afferma che la musica di Giacinto Scelsi sia stata in realtà
scritta da lui e da altri copisti.
Vorrei intervenire a proposito dell'intervista rilasciata dal
Maestro Vieri Tosatti sul n. 35 del vostro giornale, per fare
alcune precisazioni che mi sono dettate dalla conoscenza diretta
che ho dei fatti esposti nell'articolo e dalla lunga consuetudine
che mi ha legato al Maestro Giacinto Scelsi.
Debbo premettere che il Maestro Tosatti è lontano dalla
verità quando afferma di avere scritto la musica di Scelsi.
Esistono infatti, custodite dalla Fondazione Isabella Scelsi che
è l'erede universale di Giacinto Scelsi e della quale faccio
parte, i nastri delle esecuzioni al pianoforte e su altri strumenti
di molte composizioni edite e inedite eseguite da Scelsi stesso.
Siamo ben lontani dal modo di suonare che Vieri Tosatti definisce
da bambino. I suoi migliori interpreti hanno ascoltato alcune
di quelle registrazioni e sono concordi nell'affermare che finora
nessun pianista professionista è in grado di eguagliare
il livello di esecuzione raggiunto da Scelsi. Cito, per esempio,
"Ko-tha - Tre danze di Shiva" per chitarra suonata da
un percussionista. La forza incantatoria evocata dall'esecuzione
di Scelsi è oggettivamente irraggiungibile.
E' in fase di studio la pubblicazione discografica di tali documenti
sonori per renderli accessibili a chiunque ne sia interessato.
Passiamo a quello che il Maestro Tosatti definisce "terzo
periodo": Scelsi teneva il dito sull'ondiolina e qualcuno
gli trascriveva quei suoni. A smentire tale affermazione sta il
fatto che esistono i nastri con l'esecuzione di brani per orchestra
suonati da Scelsi all'Ondiola. Egli era solito farli ascoltare
ai direttori che si apprestavano ad eseguire sue musiche in prima
assoluta. Si potrebbe chiedere a Pesko, per esempio, l'impressione
avuta dall'ascolto di "Aion" nell'esecuzione dell'autore,
prima del trionfale concerto di Colonia. Oppure sempre a Colonia,
nell'ottobre '87 la sorprendente serie di dettagli, indicazioni,
suggerimenti che l'ottantaduenne autore forniva durante le prove
di brani per coro e orchestra mai eseguiti e redatti più
di mezzo secolo prima. Io stesso ho avuto più volte modo
di ascoltare dalla sua voce, nel silenzio e nel raccoglimento
della sua splendida casa romana, i suggerimenti e i segreti su
come fare per dirigere i suoi pezzi. I dettagli del lavoro comune
e un approfondimento sistematico della sua figura li sto preparando
per un volume che uscirà prossimamente in Francia.
Ma veniamo al punto della effettiva collaborazione del Maestro
Tosatti che è stato uno dei copisti di Scelsi. Più
propriamente ha trascritto su carta ciò che l'immaginazione
sonora di Scelsi gli dettava. In fondo egli stesso amava definirsi
"postino": portava messaggi dal mondo dell'indicibile
a quello dei fenomeni. Non è una novità nel mondo
della musica ricorrere alla collaborazione di un fedele scudiero
che segua in tutto le fantasie, le peripezie e la volontà
del suo cavaliere.
Negli ultimi anni, quando gli rendevo visita e ci sentivamo al
riparo da visitatori occasionali, cominciò una nutrita
serie di discussioni sulle partiture e sul modo di interpretarle.
Rimasi stupefatto per come Scelsi sapeva esplicitare le idee sulla
sua musica meglio di qualunque segno
contenuto nelle partiture. La musica era
incarnata nel personaggio stesso che sapeva custodirla attraverso
una tradizione orale che superava l'impasse della scrittura. Quale
copista abbia messo a punto la bella copia è un problema
analogo a quello di stabilire chi abbia realizzato le sonate di
Scarlatti, poiché egli si limitava a suonarle al cembalo
facendole copiare su carta da qualche allievo. Oppure stabilire
chi abbia orchestrato la musica sinfonica di Prokofiev che preparava
solo le versioni pianistiche con l'aggiunta delle annotazioni
per la strumentazione facendole poi realizzare dai suoi allievi.
Nel campo della nuova musica gli esempi non si contano. Pur evitando
il campo spinoso della musica aleatoria sono note le lamentele
di alcuni giovani compositori riguardo la legittima paternità
da parte di maestri illustri per alcune realizzazioni preparate
da loro. Qui preferirei rifuggere la chiacchiera e porre un esempio
più emblematico: alcune realizzazioni di Xenakis sono state
preparate da copisti, in qualche caso essi hanno addirittura suggerito
la notazione musicale poi adottata. Eppure non si può negare
che anche in quelle composizioni ogni più piccolo frammento
non appartenga al mondo sonoro e alla sfera spirituale di Xenakis.
Con Scelsi le cose sono andate un pò allo stesso modo.
In fondo egli stesso, sebbene allievo di Stein a Vienna negli
anni '30 col quale ha studiato il rigore della forma dodecafonica,
è sempre stato attratto dalla figura di Gesualdo, accusato
di barbarie musicale e di dilettantismo dai suoi contemporanei,
e di Mussorgsky, al quale hanno corretto, rifatto, ri-orchestrato
molte partiture per ammansirle e civilizzarle.
Scelsi conosceva benissimo ogni passaggio della sua musica anche
senza l'apporto delle partiture. A volte mi attendeva con una
partitura che non conoscevo, anche con lavori dei quali, come
probabilmente ogni altra persona, non sospettavo l'esistenza.
Parlava dapprima del viaggio
attraverso vari stati di coscienza che ci si doveva prefiggere
affrontando quel determinato pezzo. In seguito si addentrava nei
particolari musicali: la flessibilità dei tempi, le tensioni
armoniche e dinamiche da trattenere e da scaricare, la descrizione
precisa di un particolare effetto timbrico. A volte la sua immaginazione
sonora oltrepassava il testo musicale e lui lo sapeva perché
erano gli unici momenti in cui mi diceva: "ma lì puoi
fare quello che vuoi. Se dirigi tu.".
Qui sovviene un importante problema: che le realizzazioni su carta
delle intuizioni sonore di Scelsi siano insufficienti. Sottovalutato
dai suoi stessi scudieri molte partiture lasciano il sospetto
di una fattura non
troppo curata. In effetti la differenza tra certe realizzazioni
su nastro eseguite da Scelsi e la scrittura lascia un certo divario.
Egli a volte mi diceva: "qui non sono ancora soddisfatto.
Bisognerebbe rifare qualcosa." E l'ho visto aggiungere legature,
sopprimere note, curarsi della costruzione di speciali sordine
per raggiungere l'effetto voluto. I brani che più risultano
compiuti sono quelli che partendo da una notazione imperfetta
Scelsi ha maturato lavorando a stretto contatto con gli
interpreti quali Michiko Hirayama e Frances
Uitti e ai quali sono affidati
come a una specie di tradizione orale e che attendono ancora un
copista in grado di svolgere bene il suo compito. Il caso di questi
e altri interpreti è un pò analogo a ciò
che rappresentò Cathy Berberian negli anni '60 e a ciò
che rappresentano oggi i vari Fabbriciani e Scarponi per Nono
e Kathinka Pasveer e Suzanne Stephens per Stockhausen.
Per tornare ai brani per orchestra ne esistono realizzazioni su
tre o quattro righe che arrecano annotazioni febbrili di strumentazione,
agogica, effetti speciali ai vari strumenti di mano di Scelsi,
prove inconfutabili del suo intervento diretto anche nella realizzazione,
oltreché nella concezione.
Un altro ricordo personale a riprova della sua onestà intellettuale:
da tempo era insoddisfatto della versione esistente dei "Funerali
di Alessandro". Diceva che poteva essere ben altra cosa.
Insieme decidemmo che si doveva nuovamente orchestrare così
nacque l'idea che sarei stato io ad occuparmene. Rimasi affascinato,
più che dalla nuova esperienza, dalle sue spiegazioni su
come realmente immaginava il pezzo. Nella lettera all'editore
lui scrisse che io avrei rifatto il pezzo e che la nuova versione
doveva essere riconosciuta come "redatta dalla mia penna".
E a voce mi disse: "tu sei come me, non sei un copista. Quindi
se sarai tu a riscriverla quella musica non sarà più
solamente mia, ma diverrà nostra".
Perché Scelsi ha rinunciato alla scrittura? Il suono, nella
sua musica, ha potere di liberare una energia di portata incalcolabile,
come fosse opera di uno sciamano dei nostri tempi. La volontà
di non voler vedere morire, nella scrittura una tale capacità
di far vibrare la materia sonora può suggerire una possibile
interpretazione alla necessità che fosse altri a riprodurla
su carta.
Terminiamo con l'accusa più radicale. E' anche la più
solleticante. Scelsi è stato un gentiluomo colto e raffinato
che si dilettava commissionare lavori a musicisti di mestiere
e che poi lui firmava. Chi li faceva non ci credeva e li raffazzonava.
Ciò nonostante questo gentiluomo ha suscitato l'interesse
nel corso di vari decenni di personaggi di punta: Xenakis ("il
calore della sua musica è una qualità estremamente
rara"), Feldman ("Scelsi è il Charles Ives d'Italia"),
Radulescu ("ho scoperto in lui il mio padre spirituale"),
Désormières ("Voi in Italia avete un grande
compositore: Scelsi"), i musicisti del gruppo Itineraire
che seguono in Scelsi un modello, Michaux al quale era legato
da amicizia profonda, e ancora Cage, Evangelisti, Ligeti, Dalì.
Non solo questo gentiluomo burlone é riuscito ad affascinare
i personaggi di punta ma anche alcuni tra i grandi interpreti
ci sono cascati e hanno eseguito la musica che Scelsi si faceva
raffazzonare dagli altri: Cortot, Magaloff, Giulini, Monteux,
Markevitch, etc. Poi è riuscito a raggirare i musicologi:
Metzger, Zenck, Halbreich (quest'ultimo ha addirittura scritto:
"Tutto un capitolo di storia della musica recente andrebbe
riscritto: la seconda parte di questo secolo non è più
pensabile senza Scelsi") e molti altri.
Anche in Italia alcuni musicologi hanno
manifestato ultimamente interesse verso questo gentiluomo: Restagno,
Zurletti, Valente. I compositori italiani di punta, bendati dalla
"leggenda" che non sia lui a scrivere la sua musica,
lo hanno ignorato e qui nasce il sospetto che altrimenti oggi
per alcuni di loro la musica sarebbe già leggermente diversa.
Anche i discografici hanno partecipato a questa follia, più
di 40 pezzi sono incisi su disco, sebbene introvabili nel nostro
paese. Ma il burlone non si è fermato lì: i due
CD usciti in Francia quest'inverno hanno ricevuto il riconoscimento
"Chock de Le Monde de la Musique" e sono candidati a
tutti i premi internazionali.
Solo gli accademici non ci sono cascati e sono pronti, ora, a
smascherare l'impostore.
Tali considerazioni, degne del prossimo romanzo di Eco, non possono
venire suffragate da un ultimo inappagabile episodio: l'8 gennaio
89, giorno che avrebbe dovuto festeggiare l'ottantaquattresimo
compleanno di Giacinto Scelsi, è stata celebrata a S. Maria
del Popolo a Roma una Messa in sua memoria. Un'organista ha suonato
alcuni suoi pezzi tra cui "In nomine Lucis" eseguito
al termine della messa. Gente semplice, che ignorava il nome dell'autore
e l'epoca in cui il brano era stato scritto, turisti ignari che
transitavano le navate per ammirare i dipinti di Caravaggio sono
rimasti inchiodati per l'intera durata dell'esecuzione, manifestando
poi all'organista una sincera partecipazione, interesse e addirittura
commozione. Questa gente semplice ha ripetuto ciò che si
è visto riproporsi nei grandi concerti ai quali Scelsi
ultimamente aveva presenziato. Persone al di fuori della zona
assillante del dibattito contemporaneo, e dunque appartenenti
a un pubblico vero, che si esaltavano e si commuovevano ringraziando
l'autore di quelle che per loro erano rivelazioni ineffabili,
ben lontani dai complimenti di circostanza.
Se dobbiamo credere a questa accusa esultiamo, a dispetto degli
accademici, con le persone semplici e i personaggi di punta. Sappiamo
ormai che l'Autore, fin qui equivoco, non è morto con quel
gentiluomo raffinato e burlone, e attendiamo da lui nuovi ineffabili
capolavori.
"Il Giornale della Musica", Turin,
Jan. 1989 (Parts of this article appeared in "Le Monde de
la Musique", Paris April 1989 and then in several reviews
in Germany, "Zeitschrift für Neue Musik", Switzerland,
etc.)